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Per lungo tempo ci siamo interrogati su come venissero utilizzati alcuni dei reperti più diffusi in Età Nuragica, nello specifico una particolare tipologia di teglie e tegami in ceramica (recipienti con pareti basse e larghe, dotati di manici detti anse).
Per rispondere a questa domanda abbiamo deciso di ricorrere all’archeologia sperimentale, quella branca che tenta di risolvere i problemi archeologici attraverso la sperimentazione pratica e la riproduzione delle antiche attività (produttive, costruttive ecc.).
Le teglie e i tegami, presenti in grandi quantità anche a Tanca Manna, sono vasi di poco pregio da un punto di vista estetico, raramente decorati e spesso realizzati senza troppe rifiniture; inoltre rimangono praticamente uguali per tutta l’Età del Bronzo. Forse anche per queste ragioni non erano stati oggetto di studi approfonditi.
La nostra équipe ha impostando il lavoro unendo all’archeologia sperimentale gli strumenti dell’etnoarcheologia e le tradizionali tecniche di indagine: i frammenti ceramici di teglie e tegami sono stati catalogati uno per uno, e, successivamente, ciascuno di essi è stato oggetto di un preciso disegno tecnico che ne ha determinato forma e dimensioni.
Sulla base di questi disegni abbiamo riprodotto i vasi utilizzando diversi tipi di argilla (sia locale che proveniente dalle zone circostanti), in modo da poter confrontare i nostri duplicati con i frammenti originali per individuare la provenienza del materiale.
Trattandosi dei manufatti più diffusi dell’epoca, abbiamo ipotizzato che servissero per la cottura del principale alimento consumato nell’Età del Bronzo: il pane.
E visto che all’interno di una torre del nuraghe Arrubiu di Orroli erano state trovate tracce di pane non lievitato gli esperimenti sono iniziati intorno a questo alimento.
Le prime prove, effettuate ponendo le teglie a diretto contatto con la piastra di cottura (un piano di argilla su cui veniva acceso il fuoco) non hanno però dato i risultati attesi.
A questo punto abbiamo iniziato a riflettere su un secondo problema, apparentemente slegato dal primo, che da tempo ci incuriosiva: per quale motivo il treppiede in ceramica tipico della civiltà nuragica – ampiamente attestato sia nel periodo precedente che in quello successivo – è assente dal nostro sito e da quelli coevi solo in questo specifico periodo?
Inaspettatamente, mettendo in relazione le due questioni – la funzione di teglie e tegami, e l’assenza dei treppiedi – abbiamo trovato un’unica soluzione per entrambe.
Ipotizzando che i treppiedi fossero stati sostituiti da altri materiali che svolgevano le stesse funzioni abbiamo deciso di provare a utilizzare tre semplici pietre a mo’ di treppiede. Le abbiamo fissate alla piastra di cottura e, nei successivi tentativi di preparazione del pane, ci siamo resi conto che questo sistema funzionava al meglio.
Qualche mese dopo, gli scavi hanno rivelato all’interno di un ambiente circolare una piastra di cottura che presentava le tracce della sede di posa di tre pietre. I metodi tradizionali avevano confermato quello che era stato scoperto con l’archeologia sperimentale!